Periodo 1 : “ Pietre d’inciampo per parole insufficienti”
Titolo dell’opera : La Favola Bella – anno 1988
All’avventura della vita della vita dal primordio e alla necessità metamorfica di tutto ciò che vive di trasformarsi nelle stagioni, l’artista ha, tra sogno e desiderio, inteso restituire una perennità edemica significativa di un evento che conserva la sua costante perpetuazione. In questa la magnificenza coniuga l’opera della natura al sogno che si può avverare in un atto di fede.
Un campanile segnala, appunto, l’energia che fa muovere le montagne; le case sono quelle in cui l’umanità affratellata vuole vivere poeticamente; il mare che riflette il cielo è quello che ci ricorda l’elemento liquido generativo.
Non si tratta di dipingere in maniera ingenua e approssimativa, bensì di ritrovare le orme dell’innocenza nella quale si diventa sintonici alla vita creata una volta e ri-creata dall’opera umana solo se l’atto di fede ci fa “ camminare sulle acque”.
Angelo Calabrese
Periodo 3: “L’Eloquenza dell’Ironia”
a cura di Massimo Bignardi
…Claudia Mazzitelli opera su immagini allusive, mutuando dal lessico della
pittura nord-americana nonché dalla grafica pubblicitaria, una scrittura di
segni, un vero e proprio codice, attraverso il quale articola un rapporto con
l’occhio dello spettatore…
Periodo 3 – Luciano Caprile 08/01/2001
L’arte del XX secolo ha scelto di confrontarsi coi problemi della realtà quotidiana intervenendo criticamente sui cambiamenti della società che talora si sono succeduti con traumatica accelerazione coinvolgendo usi e consumi, pensieri e comportamenti.
E anche il XXI secolo appena nato si muove nella stessa logica che consiste in un continuo cambio di scena tale da mettere in dubbio l’identità di ciascuno.
Da qualche lustro nel campo dell’arte si è smarrito un filo conduttore, un riferimento di fiducia, cosicché ci si trova al cospetto di autori che spaziano il loro interesse e il loro impegno dalla tecnologia più avanzata nell’esecuzione delle opere al recupero di memorie lontane da ricondurre all’oggi per poter tentare il futuro.
In un simile mare di possibilità ognuno è costretto a cercare da sé, dentro di sé, la via della personale vocazione e chiarezza.
Claudia Mazzitelli affronta alcuni temi salienti della nostra epoca con la semplicità del bambino che percepisce attraverso il disegno e il colore un mondo che gli si rivela poco alla volta.
Avvalendosi di un approccio pseudo-naif l’artista casertana intende ricostruire per sé e per noi lo sguardo di un’infanzia capace di riconsegnare alla realtà (e in particolare alla natura) quei valori smarriti nel corso delle manipolazioni commerciali e, ultimamente, anche genetiche.
In tal modo le sue figure elementari, squillanti dal punto di vista cromatico, sono da considerarsi l’antitesi di quella “pop-art” che a tutta prima sembrerebbero evocare: infatti, mentre Warhol e compagni miravano ad accentuare e ad esaltare nei loro lavori le rutilanti insegne del consumo, la Mazzitelli intende preservare delle cose l’idea intima e vera, da custodire nello scrigno più caro e più segreto della memoria.
Le automobili, i pesci, le mele, i fiori ripetuti in serie di immagini identiche e dimensionalmente sempre più ridotte rappresentano l’allegoria della sparizione delle cose e del loro primitivo valore: il consumismo le consuma fino a cancellarne le tracce sostituendole con un’icona virtuale, con l’elogio dell’apparenza, con un simulacro privato dei requisiti originali ed essenziali, quelli adatti a collegare la nostra vita al mondo che ci ha generato e in cui l’uomo è stato abituato per millenni a specchiare la propria identità, la propria ragione esistenziale.
Ma la natura talora si ribella e cerca di ricomporre le parti violate: così vanno intese le margherite, i tulipani, i papaveri assemblati per tasselli secondo la logica del fiore che nasce dal vaso e proietta verso l’alto un compositivo trionfo vitale.
Il semplice taglio descrittivo concepito da Claudia Mazzitelli, unito alla scelta di tonalità nette e contrastanti a sottolineare ”l’ingenua” perentorietà del racconto, permette di affrontare i momenti di denuncia in maniera non traumatica: il desiderio di riscatto e il grido di dolore vanno percepiti sotto la scorza della piacevolezza visiva.
Claudia si è fatta anche guidare dal desiderio di coinvolgere lo spettatore in un segno più articolato, in una narrazione ancor più suadente, da favola, per condurlo a una morale di sconforto e di amarezza che ognuno può ricercare da sé.
Così “Sole malato”, un ricamo di bianche silhouettes su un delicato fondale arcobaleno, a rammentare certi acquarelli calligrafici di Klee, si risolve nella caduta o nella escavazione fantasmatica di tutti quei valori che si vanno deteriorando.
In tale contesto anche il sole diventa un oggetto da deporre nel cassetto del rammarico: Sullo stesso piano interpretativo va collocato “Alla ricerca del blu”: in cima a una montagna di nostalgie e di smarrimenti un ectoplasma umanoide aspira a un ritaglio di cielo che non appartiene al mondo, che non gli compete più essendo egli diventato ormai la pallida memoria di sé.
Quanta malinconia traspare dunque da queste opere di gradevole contemplazione: favoriscono nell’osservatore quello struggimento che sopravviene in certi giorni allorché lo sguardo si perde oltre l’orizzonte e nell’oscurità di noi stessi.
Al cospetto di tali lavori ritorniamo da un lato bambini che “sanno” cos’è la vita al contrario degli adulti che credono di viverla; dall’altro lato noi siamo quegli stessi adulti che non si rendono conto di correre verso l’annullamento delle realtà e delle emozioni che da sempre appartengono all’uomo e lo determinano.
La clonazione è dunque già iniziata e anche la nuova genesi: la denuncia viene da un gesto semplice e immediato come quello di un fanciullo che ci fa capire che il re è veramente nudo, a dispetto dei proclami dei media e del vacanziero entusiasmo di chi non riesce a guardare o a pensare al di là del “personal computer” o dell’ultimo ritrovato telematico pronto a essere superato in effimera perfezione e seduzione visiva dal modello di domani.
E il cuore? Che cosa resta del cuore dell’uomo in una situazione così critica? Sembra l’ultimo baluardo reale da difendere e da preservare nell’ambito dei simboli rubati.
In “Cuore” per l’appunto questo organo si propone all’evidenza timbrica come emblema di vita e come scrigno di autentici sentimenti nella figura umana ritagliata nell’assenza, affranta su un giaciglio che raccoglie la cattiva coscienza di ciò che ha prodotto.
“Il filo della memoria” corre da parte sua sulla pellicola fotografica che scandisce i segni dell’esistenza da leggersi per ideogrammi: è un modo per ricostruire la persona (o la personalità) attraverso gli oggetti e i gesti che gli sono appartenuti e che, in assenza di altri valori, diventano i referenti della vita.
Ormai tutte le cose competono alla virtualità e la gente si identifica con le icone del computer.
Così Claudia Mazzitelli ha costruito tavole-rebus caratterizzate da elementi stilizzati, propri del linguaggio informatico, dove l’uomo trova difficoltà a ritagliarsi uno spazio.
Lo strapotere della “macchina” che egli stesso ha costruito rischia di annullare ogni comportamento che la esclude o vorrebbe limitarne l’ingerenza.
Le storie della Mazzitelli sono enigmi e labirinti che occorre decifrare e superare per tentare la via della redenzione, ammesso che si voglia o si possa ormai fare a meno dello stordimento consumistico, pianificatore e robotizzante che ci prende inesorabilmente per mano.
Purtroppo siamo conquistati dalla piacevolezza e dall’assuefazione al vizio che ci distrugge.
Purtroppo temiamo che la gente sarà portata ad apprezzare soprattutto il lato piacevole delle immagini della Mazzitelli, quella naiveté rassicurante che permette ai pargoli di pronunciare sentenze terribili da accogliersi col sorriso sulle labbra, tutt’al più con un brivido passeggero, e rifiuterà il fatto che le semplici figure colorate o i segni grafici pronti a rincorrersi o a precipitare o ad alternarsi nelle opere siano la manifestazione di un colpevole sfacelo planetario.
Nel nostro tempo
Claudia Mazzitelli, da sempre attenta al dialogo tra arte e sociale, ha scelto di investigare in pittosculture, con interventi di poesia visiva, la storia al femminile del nostro tempo, giocando tra antichi e nuovi desideri e ironizzando sul potere del consumismo.
L’artista nelle sue tecniche miste, nelle quali si esalta il sapore delle scelte materiche, trasferisce nell’immaginario la sua creatività impegnata a coniugare arte e sociale, con attenzione al ruolo della donna nell’universo della globalizzazione. Le sagome-donne, belle senz’occhi, perché celate sotto i cappelli a cupola, sono rappresentative dell’esserci e dell’appartenerci nel senso pieno della femminilità.
Angelo Calabrese
Periodo 4: HISTOIRE FEMME
L’ histoire femme, nelle cui forti impostazioni fidedegne investiga l’arte di Claudia Mazzitelli, non è certo esito di un colpo di fulmine e di un’improvvisa illuminazione: verifica, con gradualità di passaggi, ulteriori orientamenti di più ampie logiche di una ricerca autoidentificativa, penosamente sofferta e scontata nelle congenie di frantumi memoriali, rifuse morfosegniche, che fanno parte del repertorio presente nei cassetti del cuore, dei pensieri dei ricordi oggettivamente rappresentativi dell’universo donna.
La ricerca dell’artista si è semplicemente fatta più esplicita nel vero da sempre e nella speranza di un finalmente concreto, e paritetico nei termini di incidenza, riscatto sociale, con una sorta di accelerazione in un senso più rappresentativo, certamente per cogliere la realtà più direttamente.
L sue sagome-donne, belle senz’occhi, perché celati sotto i cappelli a cupola, sono tali perché così le vuole l’inganno discriminatorio. Il mondo le legge nel libro dei desideri pubblicizzati dai maestri della moda, dei gioielli, dei rimedi d’amore che Ovidio suggeriva e che non valgono al transito diretto dalla pelle al cuore.
Gli sfondi di parole verificano possibilità negate: nei silenzi delle epifanie muliebri, belle nel rosso che le labbra sigilla, trovano teneri incanti le semine dei sogni, gli enigmi, l’inesistenza pura degli appigli-orpelli d’ingioiellamento, metafore di cruente schegge e spine che trafiggono il malinconico dolore delle splendide prede nei variati ammanti di ogni stagione.
Angelo Calabrese
CLAUDIA MAZZITELLI
Impegnata a coniugare arte e civiltà del lavoro, con arguti ammiccamenti al ruolo della donna che crea, pensa e organizza come artefice dell’umanità che s’infutura, l’artista sceglie di rendere omaggio alla mela annurca e alla seta, all’eccellenza di un prodotto tipico della civiltà contadina e all’impareggiabile tradizione della seta di San Leucio.
Nell’essenzialità dell’eloquente cromatismo, meglio evidente negli equilibri delle pittosculture, Claudia Mazzitelli ritrova il mito di un frutto che la mano dell’uomo fa ri-sorgere al sole.
Altrettanto solare è l’arte nell’arte che esalta la viva bellezza perché ha più vita nella seduzione della seta.
L’originalità interpretativa predilige il sapere con sapore e il fascino dell’armonia naturale.
Angelo calabrese
FESTIVAL DELLA COMUNICAZIONE
Rassegna d’arte visiva “Le Parole che non passeranno”
Reggia di Caserta – Sala Bianca
Claudia Mazzitelli mostra come nell’attuale società d’individui il diritto alla bellezza ha difficoltà a conciliarsi con la ricerca d’armonia.
Eppure arti e scienze mai come adesso sono propizie a conciliare, nella donna, natura e cultura.
Questo spunto di riflessione non è peregrino. La formazione umana e la dignità che le compete, per paradosso si aprono a nuovi orizzonti evolutivi, mentre gli scompensi dell’ecologia tradita fanno temere il primordio incombente.
L’inconciliabilità tra natura e cultura, ineludibile nel presente medioevo della scienza, trova felice soluzione dove la vivente poesia d’esser donna viene riconosciuta sintonica alla produzione delle idee, al fare eccellente per la coscienza di saper fare, alla profondità di sentire, che implica armonici cuore e cervello.
La galleria delle protagoniste della Mazzitelli è ricca di metafore di valori essenziali.
L’artista rivendica alle teste pensanti, che ostentano preziosi cappelli sotto le cui falde hanno gli occhi celati, scelte decisionali.
Hanno il diritto d’essere alla moda, d’essere ammirate, di adornarsi di collane, di pubblicizzare prodotti che sono vanto nazionale, di rivelare il carattere proprio dove il gioco ironico è decisamente connotativo di un modo d’esserci in quel momento.
Angelo Calabrese
Oltre: da sempre
Complesso Monumentale Borbonico “De Martino”
a cura di Angelo Calabrese
…l’Histoire Femme propone segni forti per il tempo che s’infutura.
Non rivendica vertici piramidali di fallimenti matriarcali o patriarcali, degenerati infine nel caos di un rovesciamento geometrico: traballa la base della piramide, indistinta, sul vertice scon-fitto sulla terra tradita.
Il nostro tempo dell’incertezza globalizzata attende dagli uomini, maschi e femmine dico, atti diversi, fuori dalle strategie protettive e dall’anticonformismo.
La via d’uscita ritrova e sacralizza il ruolo della donna in tutta la sua dignità, aliena dalle esorbitanze e dalle sottomissioni.
Le matres dall’ancestro hanno proclamato l’orgoglio d’aver nutrito l’umanità e di aver forgiato gli uomini. “ Oltre: da sempre” nel suo immaginario, tra proposte d’impegno e l’ironia che non guasta, si configura come momento d’arte, calato nei ‘segni’ attuali, per guardare lontano.
E’ una splendida galleria di ‘ritratti’ di donne propositive di pluralità di modi d’esserci al mondo, senza necessità di eccessi rivendicativi, ma in consapevole dignità di ruolo.
Sono donne che riconoscono la possibilità del miracolo, ma sanno progettare, con teoria e prassi, perchè più umanamente avvenga.
Athena docet: illumina nella vita ogni azione, che così può splendere nella bellezza non effimera ed essere, inoltre, garantita in un progetto che, ad ogni ineludibile tappa, si innovi e splenda per nuove ed ambiziose mete.
L’universo femminile di Claudia Mazzitelli si apre sempre a forti narrazioni di civile quotidianità attraverso processi di metamorfosi e trasfigurazioni.
La sua Storia Donna rivela nelle varie modalità esistenziali, o meglio ruoli consapevolmente e dignitosamente assunti, una poliedrica e variegata testimonianza di compostezze acquisite nei percorsi formativi.
Proprio quelli si confermano mirati ad affrontare, contemperando fisicità e spiritualità, i casi ineludibili in cui, per vari incontri, confluiscono la logica incrollabile e le istanze della vita.
Sono donne del desiderio, ma dotate di capacità di visione: prevedono, pianificano, progettano.
Non rivendicano accumuli di privilegi; non esigono prerogative che non si riscontrino nell’etica sociale.
Sono Donne consapevoli dei ruoli del padre e della madre, fatte di carne e d’intelletto, decisamente impegnate a capire partecipare in pienezza di sensi e volontà, verificandosi nella prassi quotidiana.
Oltre: da sempre.
Sono donne naturalmente votate a dare senso alla vita che si rinnova attraverso il loro amore, a lavorare, a lottare professionalmente, a ricordare al mondo d’essere state cantate dai poeti epici come amanti e guerriere con spade e scudi, d’essere eredi delle eroine bibliche, di aver testimoniato e trasfuso l’amore per la libertà.
Sono donne pronte, da sempre, ad andare oltre.
Grazie a loro gli uomini sono andati sempre più avanti.
Qui non ha buon gioco la battutina sciocca, perché “ Le donne son venute in eccellenza in ogni cosa cui hanno posto mano”.
Queste donne certo sanno farsi belle, ma la stessa natura generosa e genitabile, le fa riconoscere grandi nella sofferenza, nella lotta, nella pietas.
Parliamo di sostanza e non più di apparenza: nella Storia Donna la forma è sostanza sapiente.
E’ sempre la divina figlia a dominare, dall’alto, il signore assoluto del fulmine, Zeus tonante e pluvio, che inghiottì la sapiente Methis, temendo che lo spodestasse.
Si trovò poi con la testa spaccata.
Da quell’innaturale fenditura del cranio e del cervello balzò armata di acuta lancia, cioè di acume identificativo, la figlia di cui Methis era incinta. Zeus aveva ingoiato sua moglie in un sol boccone, ma Athena, fuori dal grembo materno, ascende dalventre del padre degli dèi fino a giungere al cervello, procurando l’estrema delle cefalee. Occorrerà un deciso colpo spaccatesta per liberare la dea sempre vergine che si librerà subito sul capo del padre di cui diventerà consigliera.
Insomma i problemi di Giove saranno sempre risolti dalla figlia, sapiente per eccellenza. I miti si interpretano nelle metafore e nelle allegorie.
Chiniamo la fronte pensosa di fronte all’evidenza.
E’ donna la sapienza, intesa come umana virtù che coniuga conoscenza, scienza e coscienza.
E’ sacra alla dea che resta alta sul capo di Zeus ed è sempre armata di lancia e scudo.
Le è compagna la civetta che sa vedere nella notte scura.
Il monito? Le religioni possono passare, guai se si congelano e non rispondono alle esigenze dei tempi che inesorabilmente mutano, perché tutto si cambia da sé, perché la vita è regola e desiderio in metamorfosi.
Il progresso civile esige il divino e s’inventa nuovi miti se avverte il sacro invecchiato, relegato in spazi trapassati e conclusi.
L’Histoire Femme dalle madri dell’ancestro procede ininterrotta, genera uomini e saperi, va oltre.
Lo confermano le donne quotidiane e perpetue di Claudia Mazzitelli…